Richiesta di addebito e accordi patrimoniali non sono compatibili

Pretendere l'addebito della separazione significa rinunciare agli accordi patrimoniali stretti con l'ex prima dello sposalizio: una decisione presa dai giudici Ermellini e riconfermata anche dai magistrati della Corte di Cassazione con la sentenza numero 23132/2015, che respinge il ricorso di una donna lamentante l'inosservanza del partner della scrittura privata tramite cui era stato deciso che lo stesso le concedesse determinati spazi di un fabbricato per quietare gli attriti avuti dai due in passato.
 
A detta dei giudici territoriali, nonostante i patti fossero chiari, in fase di separazione, la moglie (che ha scelto di chiedere in contemporanea l'addebito a carico dell'uomo ed il passaggio delle proprietà) ha inconsapevolmente ed irrimediabilmente vanificato il compromesso della transazione, rendendo inattribuibile all'ex-compagno ogni forma di responsabilità e facendo finire l'intera questione in Cassazione.
 
Per gli Ermellini, visto che in linea ideologica e pratica la separazione consensuale dovrebbe fungere da condizione espressa della cessione dei beni e visto che nella casistica in questione non c'è stato alcun consenso da parte dei due ex-coniugi (perché l'uomo non si è presentato in tribunale e perché la donna ha sfruttato l'assenza del marito per chiedere l'addebito), le richieste della moglie non possono in alcun modo trovare accoglienza.
 
Una sentenza spiazzante che lascia per ben due volte (prima decisione presa dai giudici di merito e seconda decisione presa dai giudici territoriali) la donna con un pugno di mosche ed il marito con la completa proprietà di tutti gli immobili disponibili, da cui si evince in maniera ineluttabile quanto sia necessario in fase di separazione evitare l'avanzamento di richieste eccessive, accontentandosi di quanto si può effettivamente ottenere.