Comunione dei beni durante la causa di separazione

In caso di separazione personale, solo il passaggio in giudicato della sentenza interrompe la validità della comunione legale: questa la decisione presa dalla Corte di Roma, che ha stabilito come anche gli acquisti fatti da uno dei due coniugi durante la causa di separazione non ancora conclusa debbano considerarsi di proprietà di entrambi.
 
Partendo dal presupposto che tale disposizione riguarda chi non ha deciso di sposarsi in regime di separazione dei beni o in presenza di separazione consensuale, il tribunale capitolino sottolinea quanto per chi è in comunione legale, fino suo scioglimento, moglie e marito debbano essere ripartiti in modo equo a prescindere dall’effettiva partecipazione economica del singolo.
 
Ciò significa che se, per esempio, un uno dei due partner acquista un immobile con il proprio denaro a causa di separazione non ancora conclusa e/o con sentenza non definitiva, l'altro partner ha il diritto di reputarsi possessore al 50% del bene in questione. Questo perché, fino al momento in cui la sentenza passa in giudicato, i futuri ex sposi restano in comunione legale.
 
Dato che, con tale formula, un'eventuale divisione dei beni deve necessariamente essere ripartita in parti eque, non esiste quindi la possibilità per il coniuge pagante di comprovare il differente esborso economico in fase di acquisto: il fatto di poter dimostrare una diversa partecipazione economica spetta soltanto con la comunione ordinaria.
 
Inoltre, con con una recente riforma, all'articolo 191 è stato aggiunto un comma indicante che, in presenza di separazione personale, il regime di comunione si scioglie soltanto quando il presidente del palazzo di giustizia concede ai coniugi l'opportunità di abitare in ambienti separati. Tale ordinanza per considerarsi valida deve poi essere comunicata all'ufficiale dello stato civile.